"E' un bene che in Iraq, in Siria, e ora anche in Libia si stia riducendo
l'area di influenza dell'Isis, ma il contraccolpo, da quanto ci dicono i servizi
segreti, è evidente. Il Califfo non chiama più i foreign fighters a combattere
da loro, ma li invita a colpire dovunque si trovino. Al limite, l'indicazione
che hanno è di spostarsi in Occidente. E il primo obiettivo restano gli
infedeli. Cioè noi. Stanno tornando alle origini, agli attacchi suicidi". Così
il presidente del Copasir Giacomo Stucchi in
un'intervista alla Stampa. "L'Isis ha cambiato strategia. Dal conflitto
simmetrico, tra eserciti, in campo aperto, stanno passando a un conflitto
asimmetrico. Pochi uomini che si immolano per ottenere un risultato enorme",
spiega Stucchi. "Piuttosto che perdere dieci
miliziani in battaglia, meglio mandare uno o due aspiranti suicidi a colpire un
obiettivo facile, con tanta gente innocente. E meglio ancora se occidentali.
Così è garantita un'eco mondiale, devastante per l'opinione pubblica". "Il
passaggio di Daesh alla seconda fase, se possibile, preoccupa ancor più di
prima, perché s'è visto che potrebbe esserci tanta gente che simpatizza per
loro, e poi perché colpiscono sempre più spesso obiettivi facili, i cosiddetti
'soft target'", prosegue Stucchi. Guardando
all'Italia, "se i luoghi a rischio, gli 'hard target', sono più o meno
presidiati, i 'soft target' sono troppi. Impossibile presidiare ogni ristorante,
bar, cinema, piazza di paese. Così è diventata una lotta impari". "Ai nostri
servizi risulta che è in corso una sorta di gara a chi fa più danni", evidenzia
Stucchi. Gli aspiranti suicidi sognano di
sterminare più infedeli che possono, e allo stesso tempo sperano che il loro
nome venga ricordato per l'eternità come quelli che hanno ucciso più di tutti".
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